giovedì 21 novembre 2013

PROFESSIONE DI FEDE PIETRO E MARTA

PROFESSIONE DI FEDE   DI PIETRO E DI MARTA
                          Cesarea di Filippo - a nord   -  d’Israele -     a sud - Betania
                  Pietro Vangelo di Matteo   -  Marta Vangelo di Giovanni
13/01/13
Come le due estremità  territoriali vogliono  circoscrivere Israele
Così il primo e l’ultimo Vangelo vogliono stringere in esso la professione di fede
PIETRO
Il Vangelo dell’Apostolo Matteo al capitolo 16 versetti 13-20 narra l’episodio della professione di fede di Pietro, avvenuta nella regione di Cesarea di Filippo.
Gesù chiese ai suoi discepoli: ”La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?”
Risposero: “Alcuni Giovanni Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti”.
Dalle comunicazioni che gli apostoli riferiscono a Gesù si evince che la percezione da parte dei Giudei era variegata e perciò imprecisa; la nomenclatura riportata evocava tutti individui che appartengono al passato; nessuno ha compreso la novità portata da Gesù. Nemmeno i suoi discepoli.
Disse loro. “Voi chi dite che io sia?”.
La domanda è rivolta a tutti come per dire: ma voi avete capito qualcosa, voi chi dite che io sia?
Rispose Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”.
E’ necessario precisare che, alla confessione della messianicità di Gesù (tu sei il Cristo) riportata anche da Marco e Luca, Matteo  aggiunge quella della Figliolanza Divina, già proclamata in  Matteo già nel versetto 14,33, quando  Gesù cammina sulla acque e Pietro con Lui: quelli che erano sulla barca si prostrarono esclamando:
Tu sei veramente il Figlio di Dio”.
Ma la risposta di Pietro ora si completa sopratutto perché lo riconosce anche: Figlio del Dio Vivente

Il grande equivoco che si faceva nei confronti di Gesù è che Gesù veniva riconosciuto come : “Figlio di Davide”.
Per figlio, nella cultura ebraica non s’intendeva nato da qualcuno, ma colui che assomiglia al padre nel comportamento. Allora, gli ebrei attendevano un Messia figlio di Davide, Cioè un messia come Davide.  
Perché Davide? Davide è stato l’unico re che è riuscito a radunare tutte e dodici tribù e ha inaugurato il Regno d’Israele.
Samuele resisterà ai confini ricevuti da Davide e poi ci sarà la scissione.
Quindi la gente aspettava la rivincita: il Messia deve essere come Davide, cioè uno che attraverso la violenza inauguri il nuovo Regno d’Israele.
Ebbene, Simon Pietro riconosce che Gesù non è il figlio di Davide, ma lo riconosce il Figlio di Dio, ed è importante l’attributo di questo Dio: Il Vivente, colui che comunica vita, il Vivificante.
Questa è la risposta esatta, è la definizione esatta di Gesù.
Questo avvenne in Cesarea di Filippo, nella Galilea  - nord di Israele
E Gesù. “Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli”.
Altra precisazione.
Gesù proclama Pietro ”beato”, e si riallaccia alle beatitudine che sono presenti nel Vangelo di Matteo (cf 5,3-12). In particolare ad una beatitudine: “Beati i puri di cuori perché vedranno Dio “, cioè le persone che sono limpide, trasparenti, riescono a percepire la realtà di Dio già nella loro esistenza.
Mentre Gesù riconosce la grandezza di Pietro nel proclamarlo e riconoscerlo depositario della rivelazione del Padre, riconosce anche in lui la poca costanza nel fare la sua volontà.  
Perciò Gesù proclamando: “Beato sei Simone” lo chiama per nome, però: “figlio di Giona”. Gesù fa l’identikit di questo discepolo.
Abbiamo detto che figlio di qualcuno significa uno che si comporta come il padre.
Gesù, pur dichiarando beato Simone, perché ha capito che Lui è il Figlio del Dio Vivente,  aggiunge: “tu sei figlio di Giona”.
Giona è l’unico profeta che anziché fare quello che il Signore gli ha chiesto fa esattamente il contrario, poi dopo si converte.
Quindi Gesù a Simone gli dice: “Tu sei figlio di Giona”, cioè  “farai il contrario di quello che io ti dirò”, però, come per Giona, anche per Pietro è ci sarà anche una possibilità: “Perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato ma il Padre mio, quello che è nei cieli”.   

Giona è l’unico dei profeti dell’Antico Testamento che fa esattamente il contrario di quello che Dio gli aveva chiesto.
 Dio gli aveva detto: “Giona va a Ninive”, cioè in oriente, in questa grande città pagana, “perché se non si convertono, io la distruggo”. Allora Giona ha detto tra sé: “Ah si, quindi se io vado a Ninive, predico la conversione e quelli si convertono, tu non li distruggi? Va bene”.
Allora si imbarca non per Ninive ma per Tarsis, cioè la Spagna.
Il Signore gli ha detto va ad  oriente e lui va verso occidente. Perché? Perché così il Signore sterminerà Ninive perché sono dei pagani e non meritano niente.
“Ma il Signore scatenò sul mare un forte vento e ne venne in mare una tempesta tale che la nave stava per sfasciarsi. … Egli disse ai marinai: - Prendetemi e gettatemi in mare  e si calmerà il mare che ora è contro di voi, perché io so che questa tempesta vi ha colto per causa mia -. … - Presero Giona e lo gettarono in mare  e il mare placò la sua furia. … - Ma il Signore dispose che un grosso pesce inghiottisse Giona; Giona restò nel ventre del pesce tre giorni e tre notti. Dal ventre del pesce Giona pregò il Signore suo Dio …. E il Signore comandò al pesce ed esso rigettò Giona all’asciutto”. Poi Giona obbedì al Signore, Andò a Ninive.
 Per sua natura Pietro sbaglia ancora, poi farà la volontà del Signore fino ad essere crocefisso anche lui. Giona persiste: si lamenta per una pianta di ricino che gli faceva ombra e poi un verme la fece morire, ma si era rifiutato di far salvare gli abitanti della città di Ninive. Che allora erano 120mila .  
MARTA
L’apostolo Giovanni narra Gesù e la sua esperienza vissuta con Lui con la sua particole sensibilità.
La professione di fede di Marta è inserita in un capitolo organizzato attorno al tema della vita e della morte, perciò tra la morte e la vita di Lazzaro che raffigura il dramma personale di Gesù.
Colui che è la vita troverà presto la morte: infatti subito dopo i capi dei Giudei condannano Gesù a morte.
La risurrezione di Lazzaro rispecchia in anticipo la risurrezione di Gesù.
Ma la vita vincerà.
Gesù ha sempre attestato di essere venuto per dare la vita; la malattia di Lazzaro è un segno solenne che Gli  permette di manifestarlo.
Le sorelle Marta e Maria, non si rassegnano alla prossima certa morte del fratello Lazzaro, chiedono aiuto, mandarono a dire a Gesù che il suo amico era ammalato.
Gesù non si affretta ad intervenire:  “All’udire, Gesù disse: - Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché il Figlio di Dio venga glorificato-“ (Gv 11,4).  “… si trattenne due giorni nel luogo dove si trovava” (Gv 11,6).

( Era al di là del Giordano, nel luogo in cui già battezzava il Battista,  si era lì rifugiato perché i giudei, durante la festa della Dedicazione – che si celebra verso la fine di dicembre  e  si commemora la vittoria di Giuda Maccabeo, nel 165 a.C., il quale strappò il santuario di Gerusalemme al re pagano che l’aveva profanato istallandovi una statua idolatrica.- cf 1Maccabeo 4,36-39; 2Maccabeo 1,9-18;10,1-8). 

“Poi, disse ai discepoli – Andiamo di nuovo in Giudea -” (Gv 11,7)
Giovanni ci fa rilevare che:
davanti alla morte di un amico e alla sofferenza dei suoi, Gesù si comporta da vero uomo, dotato da un cuore sensibile.   E
Ridando la vita a Lazzaro, Egli si manifesta Figlio di Dio, al quale il Padre concede tutto ciò che gli domanda.
 Ancora Giovanni ci manifesta l’amore degli apostoli per Gesù:
“Rabbi, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?” (Gv 11,8)
Allora Tommaso, chiamato Didimo, disse ai condiscepoli: “Andiamo anche noi a morire con Lui” (Gv 11,16). 
Marta è una donna realista, Lazzaro era grave e non si illude,  ma cerca Gesù, quando lei non l’aspettava più, ecco che venne a sapere che Gesù era arrivato.     L’arrivo di Gesù è stata una vera sorpresa per lei, in questo tempo ha conservato la capacità di sperare.
 Questa notizia la incoraggia a mettersi in cammino per incontrare Gesù:  “Marta, come seppe che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: - Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!” (Gv 11,21)
Aggiunge però una seconda parte dove emerge la sua speranza. Lei confida pienamente in Gesù: Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, Egli te la concederà.“ (Gv 11,22) . Gesù le disse: - Tuo fratello risusciterà. Gli rispose Marta:  So che risusciterà nell’ultimo giorno”.(Gv11,23-24). 

La speranza di una risurrezione nell’ultimo giorno era già condivisa da molti giudei, come Marta; già da qualche secolo questa convinzione si era sviluppata in ambienti giudaici ferventi, come quello dei Farisei. (Daniele 12,1-3; 2 Maccabei 7,9-14 e 22s;12,43-45); ma al tempo di Gesù la casta sacerdotale di Gerusalemme, i Sadducei, la combatteva (At 23,6-9).
Ora Gesù non solo conferma questa speranza, ma si rivela come colui che la realizza pienamente.
Con il segno della risurrezione di Lazzaro, Egli annuncia in che consiste il dono della vita che Egli sta per fare al mondo sfigurato dal peccato e dal male: strappare alla morte chiunque crede in Lui, Figlio di Dio, accettando l’azione di Dio per mezzo Suo; dare una vita che vincerà definitivamente la morte nel giorno della risurrezione.

Gesù si auto-rivela e le disse:
“Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore vivrà;   chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno.  Credi tu questo?” (Gv 11,26)
Quest’ultimo interrogativo mostra il rispetto di Gesù verso Marta, verso il suo processo di fede, verso la sua libertà.
Allora  Marta fa la sua professione di fede in prima persona e la proclamazione di GESU’- SIGNORE; di GESU’– MESSIA; di GESU’- FIGLIOLANZA DIVINA e L’ATTESO D’ISRAELE :
“Si, o Signore, io credo che sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo. ( Gv 11,27)
Marta ha creduto prima del miracolo.
Gesù si è rivelato a Marta, e Marta nella sua confessione di fede  ha rivelato chi è Gesù per lei. Non solo, Marta dice a Gesù quello che Lui non ha detto di se stesso.
La tradizione Giovannea ha condensato in questa formula, una seria di titoli che esprimono la interpretazione della comunità riguardo a Gesù: il SIGNORE, il CRISTO, il FIGLIO di DIO, COLUI che deve VENIRE.        
        Questo avvenne in Betania, nella Giudea  - sud d’Israele –

NOI, quando sapremo riconoscere Gesù come Pietro e Marta?
Quando sapremo maturare con la stessa fatica e sensibilità la Signoria. la Messianicità, la Figliolanza a Dio, Vivente nella nostra vita – di Pietro – e il Maranatà - di Marta -?       Che il Signore continui ad amare con-passione ognuno di noi.
“Gesù quando vide Maria piangere (per Lazzaro) e piangere i Giudei, si commosse profondamente …”(Gv 11,33). Per Lazzaro pianse, per me s’è fatto flagellare, inchiodare in croce, versare il suo sangue. Grazie, ma è molto molto poco.

Inebriaci ancora col tuo amore, stordiscici per poterti amare perdutamente.

La Cananèa

                                        La Cananèa               (Mt 15,21-28; Mc 7,24 30)                                
(Donna di cultura greca ma di origine siro-fenicia, non di razza, cioè pagana (Mc 7,26).

Contesto
Gesù intende annunciare l’amore universale del Padre ovunque e ad ogni uomo, ma incontra tanta resistenza. Ne incontra nel suo popolo, tra i discepoli e tra gli stessi pagani che si erano abituati all’idea della supremazia di Israele.
Gesù nel Vangelo di Matteo, indirizzato ai giudei-cristiani, al cap. 8 (11-12) annuncia che nel banchetto del regno il pane che è stato rifiutato dai giudei diventerà cibo per i pagani.     
Ancora Matteo al cap.15 (10-20) affronta la questione importante del puro (Israele) e dell’impuro (Stranieri) dal punto di vista alimentare; Gesù, contraddicendo il libro del Levitico nei capitoli 11-15, afferma che non quello che entra dalla bocca rende impuro, ma quello che ne esce.
Gesù, dopo essere fuggito dalla terra d’Israele ed entrato in terra pagana, l’Evangelista ce lo presenta nell’incontro con la donna Cananèa.
Testo
In quel tempo, Gesù si diresse verso le parti di Tiro e Sidone. Ed ecco una donna Cananèa che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: “Pietà di me (Kyrie eleison), Signore, figlio di Davide (significa messia, il messia guerriero che restaurerà il regno d’Israele, sottomettendo i popoli pagani). Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio”. Ma Egli non le rivolse neppure una parola (perché? Gesù non è il figlio di Davide, il messia guerriero, ma Gesù è il figlio di Dio). Allora i discepoli gli si accostarono implorando: “Esaudiscila (falla andar via), vedi come ci grida dietro”. Ma egli rispose: “Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa d’Israele”. Ma quella si fece avanti e gli si prostrò dicendo: Signore, aiutami!” (Adesso cresce la sua fede, riconosce Gesù Signore, ha compreso la pienezza dell’amore di Dio). Ma egli rispose: “Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini” (Con questa risposta Gesù vuole preparare i discepoli a condividere  il pane anche con i pagani) . “E’ vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni”. Allora Gesù le replicò: “Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri”. E da quell’istante la figlia fu guarita. (Mt 15,21-28)
 Riflessioni
La Cananèa di fronte all’indifferenza di Gesù non desiste.
La donna anziché irritarsi per essere stata clamorosamente ignorata e disattesa, si getta ai suoi piedi: “Signore aiutami!”. Ma Gesù replica sostenendo che Egli deve dedicarsi alla salvezza dei giudei, “figli” di Dio, e alla realizzazione delle promesse, prima di occuparsi dei pagani,( “cani” per i Giudei); il termine (cagnilini) sulla bocca di Gesù attenua l’appellativo dispregiativo ebraico (Mt 15,26)    
La cananèa prostrandosi riconosce la missione salvifica di Gesù: sicuramente la guarigione di sua figlia non toglie nulla agli Ebrei.
Allora esplode l’ammirazione di Gesù che cede: “Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri”.       
Insegnamenti
Questa donna Cananèa ci insegna la lotta della fede, da lei impariamo a presentarci al Signore senza accampare alcun diritto, come dei “cagnolini”. Ma se l’uomo non può avanzare alcuna pretesa, ella ci indica la via della preghiera insistente, perseverante. Possiamo e dobbiamo chiedere, persistere, addirittura pretendere d’essere esauditi.
Ce lo insegnano tra gli altri Abramo e Mosè.
Dio non ci ha  esaudito, insistiamo.(Chiedete e vi sarà dato, cercate, bussate (Lc 11,9)
Anche quando non siamo certi di appartenere a Gesù, come la Cananèa, diamo fiducia a Lui, solo per questo già gli apparteniamo. 
Cenni storici e costumi
Tiro e Sidone erano città fenice e cananei era l’antico nome della loro popolazione.
Il regno di Dio dev’essere manifestato in Israele: i Giudei sono i “figli” della promessa; per loro i diversi sono come “cani”. Perciò la cosa è nota a questa Cananea venuta da Gesù per cercare la guarigione della figlia, oppressa da una malattia allora ritenuta strettamente connessa alla presenza del demonio; ma la sua angoscia e la sua fede sono più forti del rifiuto.   
Pareri biblici
Il Vangelo di Matteo, pervenuto in greco ma in origine scritto in aramaico fu redatto tra il 70 e l’80 d.C., s’indirizza ai giudei convertiti,.
Questo brano non è tanto una cronaca, ma catechesi per  la comunità cristiana che fa resistenza nell’andare verso i pagani perciò Matteo drammatizza il racconto.
Che contrasto tra il silenzio quasi altero di Gesù e la guarigione finale!
L’episodio mostra la fedeltà di Gesù verso il popolo giudaico e contemporaneamente
ci dice che tra i pagani nasce la fede mentre molti Giudei si chiudono al messaggio.                                                                                         
                                                                                             Matteo – Civiltà Cattolica
La fama di Gesù si diffonde anche in territorio pagano.
Non è ancora giunto il tempo di rivelarsi fuori Israele, perché la missione di Gesù è quella di portare il lieto annunzio ai giudei, i “figli”, gli eredi del regno di Dio. Ma compiendo questo miracolo, egli annuncia che la salvezza, riservata ad Israele, si estende anche ai pagani, “cani” per i Giudei.
Le prime generazioni cristiane che hanno lottato per riconoscere e far riconoscere la vocazione dei pagani, dovevano leggere questo racconto come un incoraggiamento e una giustificazione (cf. Rm 1,16: “Io (Paolo) infatti non mi vergogno del Vangelo, perché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo prima e poi del Greco”.)                                                                               Marco – Civiltà Cattolica
                                                        Conclusioni                    
Quindi, in questo brano l’evangelista Matteo vuole educare la sua comunità cristiana  ad aprirsi ai pagani e far comprendere che i pagani non vanno dominati secondo la tradizione del messia figlio di Davide, ma vanno serviti secondo la novità del Messia Figlio di Dio.

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Il termine Vangelo è particolarmente frequente nell’epistolario di Paolo, 40 volte.

(Bibbia Civiltà Cattolica pag. 1829 prologo – lettera ai Romani – ultimo rigo.