giovedì 21 marzo 2019


 Guarigione dell’emorroissa e Resurrezione della figlia di Giairo
(Marco 5,21-43)  “risuscitazione”
Contesto
   Il capitolo 4 di Marco è quasi interamente occupato da una sequenza di parabole.
   Si conclude con l’episodio della tempesta sedata (4,35-41), nel quale Gesù sembra mettere alla prova la fede dei suoi, che evidentemente era ancora molto acerba.
   Il capitolo 5 invece è occupato da tre incontri e altrettanti interventi miracolosi, episodi sui quali Marco si dilunga, con molti particolari. Nel primo, l’incontro tra Gesù e l’indemoniato geraseno (5,1-20), gli apostoli sono solo sullo sfondo, ci troviamo in terra pagana e Gesù sembra il solo a scendere dalla barca (5,2). Come spesso succede in Marco, Gesù si scontra con l’incomprensione, anche davanti ai suoi segni miracolosi. Il fatto che ciò avvenga in territorio pagano mitiga questa avversione, ma è bene ricordare che nel vangelo più antico le sottolineature di tal genere sono molto frequenti, in modo particolare con riferimento alla durezza di cuore dei discepoli e specificamente dei Dodici.
   Per quel che riguarda i Dodici, basta rivedere l’episodio della tempesta sedata, alla fine del capitolo 4. La domanda di fondo, che a volte l’evangelista esplicita (per es.  v. 4,41) è relativa all’identità di Gesù: “Chi è mai costui …?”.
  Le opere che il Maestro di Nazaret compie sono sconvolgenti, ma lo è anche l’autorevolezza della sua Parola. Poiché però il cuore è indurito, i discepoli stessi e ancora più le folle non riescono ad andare al di là di ciò che vedono e ascoltano, non hanno fede. In tal senso è emblematico un episodio che non è proprio del solo Marco, ma che qui assume un tono decisamente critico verso i Dodici. Lo troviamo in Mc 8,14-21. Qui è Gesù stesso che aiuta i suoi a ricordare alcune delle sue opere, anche piuttosto recenti; i Dodici ricordano, ma, sottolinea lo stesso Maestro, non capiscono: “Perché discutete che non avete pane? Non intendete e non capite ancora?
Avete cuore indurito?”
   Mi sono soffermato su questo aspetto perché è uno degli elementi più caratterizzanti il vangelo secondo Marco: da una parte la continua ricerca per comprendere chi sia Gesù di Nazaret, (..Chi è dunque costui .. 4,41) poi, quando l’identità del Maestro comincia a manifestarsi, il comando dello stesso Gesù, perché i suoi non lo rivelino. Anche in casa di Giairo Gesù raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo (5,43).
   Questo secondo aspetto prende il nome di “segreto messianico” ed è solitamente spiegato in questi termini  (cfr nota della Bibbia di Gerusalemme a Mc 1,34): poiché Israele attendeva un messia liberatore, in senso anche politico, Gesù sa che il popolo, riconoscendo in Lui il Messia, avrebbe riposto in Lui aspettative che Egli non poteva soddisfare (cfr Gv. 6,15 dopo la moltiplicazione dei pani volevano farlo re); per questo chiede ai discepoli, ma anche ai demoni, che lo riconoscono, di non rivelarne l’identità, finché non sia giunta l’ora della passione e quindi la risurrezione e la conseguente rivelazione della vera liberazione che Egli è venuto a portare nel mondo.
   Tornando al contesto del nostro brano, il successivo capitolo 6 si apre con un breve ritorno di Gesù nella sua città d’origine, Nazaret, dove va nella sinagoga e di nuovo l’autorevolezza del suo insegnamento si scontra con l’incredulità dei presenti, che vedono in Lui semplicemente il figlio di Maria (6,1-6a). Quindi, la missione dei Dodici, mandati a due a due ad Israele, con la stessa autorità del Maestro (6,6b-13).
Testo
   “”Essendo passato di nuovo Gesù all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla, ed egli stava lungo il mare. Si recò da lui uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, vedutolo, gli si gettò ai piedi  e lo pregava con insistenza: «La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani, perché sia guarita e viva». Gesù andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. Or una donna, che da dodici anni era affetta da emorragia e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla, alle sue spalle, e gli toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita da quel male. Ma subito Gesù, avvertita la potenza che era uscita da lui,  si voltò alla folla dicendo: «Chi mi ha toccato il mantello?». I discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che ti si stringe attorno e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli intanto guardava intorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Gesù rispose: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male». Mentre ancora parlava, dalla casa del capo della sinagoga vennero a dirgli: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, continua solo ad avere fede!».  E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava. Entrato, disse loro: «Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». Ed essi lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della fanciulla e quelli che erano con lui, ed entrò dove era la bambina. Presa la mano della bambina le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». Subito la fanciulla si alzò e si mise a camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. Gesù raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e ordinò di darle da mangiare.””
   In qualsiasi circostanza gli episodi prodigiosi di Gesù avvengano, non mancano mai di richiedere come condizione necessaria che si riponga fede in lui, il Signore Gesù Cristo Figlio di Dio che è venuto nel mondo per instaurare il suo Regno d’amore. Tale richiesta, a volte, viene formulata o manifestata da altri che operano nell’interesse di chi ha bisogno (cfr Lc 5,19-20: il paralitico calato col lettuccio dal tetto: “Veduta la loro fede.. ”).
      Solo in conseguenza di questa fede in lui si ottiene la guarigione, ma che diventa ancora più evidente quando si legge con attenzione il miracolo di guarigione dell'emorroissa.
   Questo è forse l'unico miracolo (almeno stando alle versioni dei Vangeli) che avviene di soppiatto, senza che l'interessata interpelli il Signore direttamente, ma semplicemente con un semplice sfioramento che la stessa opera sulla frangia del mantello di Gesù: con questo gesto timido ma carico di fede e di speranza nel Signore immediatamente si arresta il flusso di sangue che fuoriusciva dal corpo di quella povera donna ormai da ben dodici anni e che aveva inutilmente impegnato decine di medici e periti;  ne consegue – cosa anch'essa del tutto unica nei vangeli – lo sconcerto e la perplessità di Gesù che avverte che "una potenza (in Luca una "forza") fuoriesce da lui", quasi si trattasse di un'energia che gli è stata appena rubata, sicché fra lo sbigottimento dei discepoli domanda: "Chi mi ha toccato il mantello?"
   È la fede nel Signore a meritare sempre i miracoli; questa fede in Lui Salvatore e Signore è sufficiente e produce i suoi effetti anche quando Gesù sembra essere lontano o assente da noi, o comunque anche in quelle circostanze nelle quali ci sembra non avere occasione di "parlare" direttamente con lui: basta riporre in lui la nostra fiducia radicata e certa, il nostro abbandono disinvolto alla sua parola e porci alla sequela dei suoi atti per vivere intensamente di lui nella nostra vita per ottenere che, la grazia di Dio suo tramite si riversi su di noi, fossimo anche lontani migliaia di chilometri.
   Ecco allora il vero senso della domanda di Gesù: "Chi ha avuto fede in me Figlio di Dio, tanto da ottenere un miracolo  (“potenza – forza”)  anche a mia insaputa? Voglio saperlo, per approvare la sua fede che lo ha salvato dal suo male e per garantire su di lui la continua presenza del Padre che lo ama e che concede queste e altre misericordie". 
   Gesù così riafferma che la potenzialità della fede nei suoi confronti è proficua ed esaustiva per essere ascoltati ed esauditi dal Padre e da Lui.
   Il che non può non esserci di sprone a riscontrare sempre e in tutti i casi la presenza certa del Signore in tutte le circostanze della vita, anche quando questi ci sembri "lontano e irraggiungibile” come nel caso della disperazione e del dolore diventato insopportabile al punto da non lasciare spazio alla fiducia: nella fede, che è il fondamento delle cose che si sperano, noi avvertiamo la presenza continua del Signore pronto ad operare in noi la guarigione dai mali fisici e morali e a risollevare le nostre sofferenze di oggi.